Via D'Amelio, vent'anni dopo
19 luglio 1992 – 19 luglio 2012: per non dimenticare
Ventesimo anniversario della strage di Via D’Amelio nella quale persero la vita il Giudice Paolo Borsellino ed i cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Un attentato di stampo terroristico-mafioso dalle proporzioni spaventose: 100 chilogrammi di tritolo contenuti all’interno di una Fiat 126 posteggiata proprio al palazzo dove viveva la madre di Borsellino. Una pagina nerissima per tutta la Sicilia che ancora ‘faticava’ ad alzarsi in piedi dall’altrettanto atroce e vile attentato di Capaci, avvenuto il 23 maggio, nel quale perse la vita il Giudice Giovanni Falcone. A vent’anni di distanza l’esempio dei due giudici, fatto di coraggio, dedizione al lavoro e legalità, non è stato dimenticato. Anzi. Arde come fuoco di giustizia. Le persone vanno, le idee restano e cammino sulle gambe di altri uomini...
“Sono morti per noi ed abbiamo un grosso debito verso di loro. Questo debito dobbiamo pagarlo, gioiosamente. Continuando la loro opera. Rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne. Anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro. Facendo il nostro dovere. La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione; ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo egli mi disse: “La gente fa il tifo per noi”. E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l’appoggio morale della popolazione dà al lavoro dei giudici. Significava qualcosa di più. Significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze”. Paolo Borsellino
