
Quando vedersi brutti diventa una malattia
Ne soffre il 2% della popolazione mondiale. 1 su 4 tenta il suicidio. Il resto diviene paziente fisso di un chirurgo estetico, e c’è da giurarci che la vanità non c’entri nulla. Vedersi brutti è una patologia, una disfunzione del cervello che fa percepire in maniera alterata il proprio volto ed il proprio corpo. Ed ha un nome ben preciso: dismorfofobia, o disturbo di dimorfismo corporeo.
LA RICERCA: ANOMALIE DEL CERVELLO DAVANTI ALLO SPECCHIO
Una ricerca condotta da psichiatri dell’Università di Los Angeles ha messo in luce il comportamento del cervello in una persona affetta da dismorfofobia. Messi di fronte allo specchio, alcune aree neurali reagiscono in maniera anomala. Ciò non accade solo in quelle preposte alla visione, ma anche nel sistema frontostriatale, uno di quelli che regola il tono muscolare ed i movimenti.
ALTRO CHE VANITA’, SI HA PAURA DEI PROPRI DIFETTI
Come si intuisce dall’origine greca del termine, si ha “paura del proprio difetto fisico”. Le persone che ne soffrono vedono sul loro corpo difetti immaginari, oppure ingigantiscono piccole imperfezioni. Chi le confessa parla delle proprie deformità come “devastanti, dolorose e che tormentano”. Le conseguenze, quando la patologia non degenera, sono tentativi di auto-manipolazioni per nascondere l’imperfezione. Spesso si cade nel volontario isolamento dalla vita sociale. Ci si tira fuori da contesti aggregativi, come scuola o lavoro, per vergogna o per paura d’essere scherniti.
CHI NE SOFFRE DI PIU’
Immaginario collettivo ed opinione pubblica individuano nell’adolescenza la fascia d’età più colpita. Ma qui si fa grande confusione tra patologia vera e propria e disturbi legati a crescita, ormoni e graduale cambio nella percezione di sè, degli altri e del mondo circostante. La dismorfofobia tocca recita il suo paradigma più preoccupante quando tocca gli adulti. Se in età puberale rientra nella normalità l’accentuazione delle proprie brutture ed essere insicuri, è di sicuro anomalo per un soggetto adulto avvertire identiche sensazioni. Varcata la soglia dell’adolescenza, la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle la possibilità di relazionarsi armonicamente con gli altri, senza essere afflitta da complessi di inferiorità legati all'aspetto fisico.
